Cominciato nell’estate del 2008 con le prime cotture in buca e la prima fornace a camera unica dell’età del bronzo (ricostruita sulla base dei dati di scavo di quella di Basilicanova, Pr), il mio lavoro di ricerca e sperimentazione è nato da una prima necessità di cuocere manufatti didattici realizzati a mano a colombino per il museo di Piadena (Cr). E’ poi proseguito per la volontà di farne un vero e proprio strumento di lavoro, necessario alla mia attività di ricostruzione dell’intero ciclo produttivo della ceramica dell’età del bronzo e dell’età del ferro.
Ho costruito e utilizzato una seconda fornace a camera unica nel 2009 fino al 2012, quando ho realizzato il primo forno a camere distinte e piano forato fisso, all’interno del progetto della capanna villanoviana costruita presso la fattoria didattica-Asineria di Gombola (Mo). Questa fornace è stata la base delle mie ricerche e sperimentazioni legate alla produzione del bucchero etrusco (cottura in riduzione totale) e della terra sigillata romana (cottura in ossidazione totale), naturalmente congiunte a numerosi test sulle varie tipologie d’impasto, sui trattamenti superficiali e sulle vernici realizzate per decantazione di terre argillose ricche di ossido di ferro.
Perseverando dopo primi tentativi fallimentari e perfezionando le mie capacità di lavoro al tornio lento e veloce ho raggiunto eccellenti risultati, producendo manufatti destinati alla didattica nei musei e a eventi di rievocazione-ricostruzione storica in Italia e all’estero (Austria, Germania e Francia).
Dopo il crollo parziale della volta del forno dovuto alla copiosa neve di febbraio 2015, a primavera ho proceduto alla pulizia e alla ricostruzione utilizzando le macerie concottate dello stesso per ottenere una maggiore refrattarietà, stabilità e leggerezza della volta, documentando tutto il processo in ogni sua fase.
Nel 2017 ho costruito il primo forno a mattoni a camere distinte insieme al ceramista Tarquiniese Michele Totino col quale collaboro e una seconda fornace della stessa tipologia nel 2018 presso la mia abitazione per la sperimentazione della tecnica greca a vernice nera (cottura in semi riduzione di ossigeno) ottenendo ottimi risultati. Da quest’ultimo lavoro di ricerca sono risultati ben chiari quali sono i valori necessari per la riuscita di questa tecnica: temperatura elevata, qualità della vernice/ingobbio e relativa lucidatura, disposizione dell’infornata all’interno della camera di cottura, qualità della legna, ecc.
La fornace utilizzata per la sperimentazione del bucchero è della tipologia a ω, composta da un prefurnio e due camere distinte da un piano forato sostenuto da un muretto centrale.
La camera di combustione, incassata sul declivio di una collina, è stata rivestita da mattoni crudi fatti a mano con un impasto di argilla, paglia e sabbia, utilizzando una cassaforma lignea di 25cm di larghezza, 35 cm di lunghezza e 12 cm di spessore, disposti verticalmente creando una “camicia” a contatto con la parete di terra esterna per un migliore isolamento.
Il muretto di sostegno centrale è costituito da pietre e piccole lastre di arenaria locale, murate e intonacate con un impasto di argilla fresca e sabbia.
Il piano forato è stato realizzato adagiando sul rivestimento perimetrale della camera di combustione e sul muretto di sostegno una struttura circolare di rami di salice intrecciati e legati tra loro, rivestito poi di argilla, paglia e sabbia lasciando i fori per il passaggio del calore e delle fiamme.
Il passaggio successivo è stato la creazione della cupola con rami di salice e nocciolo di diverse misure a seconda dell’importanza strutturale, procedendo a intonacarla prima dall’interno e poi dall’esterno, lasciando uno spazio per il portellone di carico/scarico e il foro per il camino cilindrico.
La cottura in riduzione totale per ottenere il bucchero etrusco è risultata inizialmente di difficile comprensione nonostante la bibliografia abbondante ma poco chiara e fumosa. La variabile più semplice è sicuramente la tipologia dell’impasto argilloso, maggiore è la quantità di ossido di ferro presente migliore risulta il grado di penetrazione del processo di fumigazione.
Partendo da manufatti in argille grigie e rosse, lisciati a stecca e lucidati a pietra, ho ottenuto risultati ottimi con differenti tonalità di colore e lucentezza.
L’applicazione sui manufatti crudi di vernici argillose ottenute per decantazione di argille rosse di calanchi locali mi ha permesso invece di ottenere iridescenze metalliche e opalescenti.
Tali effetti risultano a volte temporanei ed evanescenti nel corso di qualche anno di ossidazione all’aria.
Le variabili sono collegate anche alla tipologia della legna durante il processo finale di fumigazione (secca, fresca e/o resinosa).
La riduzione avviene chiudendo completamente prima la porta della camera di combustione mediante lastre di pietra di arenaria murate ad argilla cruda, seguita poi dalla chiusura del camino del forno, sigillato con una lastra di terracotta e un cordone di argilla fresca preparato al momento.
Dopo una breve osservazione e stuccatura delle fenditure che naturalmente avvengono sulla cupola durante il corso di vita della fornace avviene un lento e duraturo raffreddamento che perdura fino a due-tre giorni per poter estrarre i vasi senza forzare lo spegnimento del carbone creatosi all’interno della camera di combustione.
Con la volontà di occuparmi anche di riproduzioni di età classica, dopo lunghi studi nella primavera del 2017 ho iniziato la sperimentazione della vernice nera. La necessità di temperature molto elevate per raggiungere il punto di fusione della vernice, almeno 950° C, mi ha indotto a costruire una fornace a mattoni a camere distinte per ottenere una maggiore coibentazione necessaria al processo di cottura.
Per la costruzione ho utilizzato vecchi mattoni recuperati in loco creando inizialmente un pavimento, posato a secco su sabbia mista. La camera di combustione rettangolare con muretto di sostegno centrale è stata realizzata mettendo in opera un corso orizzontale di mattoni in modo alternato, rivestito all’interno da ulteriori lastre di terracotta disposte verticalmente, utilizzando un impasto di argilla fresca e sabbia fine.
Il piano forato è costituito da quattro grandi lastre di argilla forate, realizzate a mano e cotte, adagiate orizzontalmente sul muretto di sostegno e i margini perimetrali interni della camera di combustione.
La cupola a botte centinata della camera di cottura è stata eretta creando un piccolo ponteggio ligneo smontabile sul quale ho proceduto a disporre i corsi orizzontali di mattoni, chiudendo progressivamente l’apertura frontale e lasciando aperta quella posteriore per ricavare la porta di carico/scarico del vasellame.
L’ultima fase è stata la creazione del camino utilizzando un anello di terracotta, da me realizzato al tornio, inserito tra le chiavi di volta della cupola e una serie di mattoni disposti verticalmente per creare il cilindro terminale.
La cottura. Raggiunta la soglia minima e costante di 950° C, non senza sforzi e altalenanti sbalzi termici, deve avvenire il fondamentale processo di riduzione chiudendo la porta della camera di combustione e del camino. Consegue una riapertura della fornace intorno a 800° C per una ri-ossigenazione dell’atmosfera del forno e pulizia delle parti non dipinte che altrimenti resterebbero grigie.
La variabile più significativa del processo di cottura, oltre alla temperatura elevata, è sicuramente la qualità della vernice ottenuta per decantazione di argille rosse ricche di ossido di ferro. La stesura del colore può avvenire a pennello, per immersione o aspersione a seconda della qualità della riproduzione da eseguire. Per una migliore copertura sono necessari più passaggi. Segue una lucidatura con panno di lana fine per una ulteriore maggiore lucentezza.
Basse temperature e vernici scadenti portano ad ottenere rispettivamente una colorazione nera non uniforme e/o nera-bruna opaca.
Variabile non trascurabile sono anche la qualità della legna utilizzata e la disposizione del vasellame crudo all’interno della camera di cottura, utilizzando riproduzioni di distanziatori cilindrici per ottimizzarne il volume interno e lasciando spazi adeguati al processo di riduzione finale.
MILUCA / 2020
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